I segreti scientifici per fare le cose giuste al momento giusto
Questione di tempi(smi)
Il tempismo non è cosa da tutti. Eppure, anche in questo caso, la scienza ci può essere di grande aiuto: abbiamo capito che il quando facciamo le cose può essere tanto importante quanto il come. Sia all’interno delle nostre singole giornate, sia nell’arco della nostra vita.
È meglio prendere decisioni importanti al mattino o al pomeriggio? Bisogna allenarsi appena svegli oppure la sera? Inserire delle pause (o addirittura dei pisolini!) nel corso della giornata rischia di farci perdere tempo inutile o migliora la nostra efficacia?

Le risposte a queste domande (metto le mani avanti: a volte la risposta è “dipende”) sono contenute in When: The Scientific Secrets of Perfect Timing di Daniel H. Pink, un saggio pubblicato nel 2021 e che è stato costruito attorno all’importanza del tempo, basandosi su evidenze scientifiche e ricerche recenti sul tema.
Data la mia perversione per l’argomento “sonno” (qui una testimonianza), ho trovato in questa lettura una naturale complementarietà a tutti quegli aspetti che mi hanno affascinato e che mi hanno convinto a fare del riposo notturno la mia priorità. Una volta “sistemata” la notte, è importante quindi pensare al resto delle ore che trascorriamo svegli. When contiene infatti approfondimenti e consigli pratici che riguardano, tra le altre cose:
Come organizzare le proprie giornate per sfruttarle al meglio;
L’importanza del riposo (non solo notturno);
Il ruolo positivo che possono avere i momenti simbolici che segnano i nuovi inizi (il lunedì, il primo giorno del mese, il primo dell’anno, il compleanno, ecc…);
Che cosa fare in corrispondenza dei finali (o dell’avvicinarsi della fine).
La giornata ideale
Ovviamente non esiste la giornata ideale in assoluto. Ma esiste la giornata ideale per ciascuno di noi. Questa dipende innanzitutto dal cronotipo, ossia dalla tipologia di preferenza che il nostro corpo esprime verso l’essere più o meno attivi in momenti diversi della giornata (che influenza anche l’attitudine ad addormentarsi e risvegliarsi presto o tardi). È quel concetto per cui si parla ad esempio di “allodole” per coloro che preferiscono svegliarsi presto la mattina, mentre si usa il termine “gufi” per definire coloro che preferiscono andare a letto tardi. Ed è quindi anche per questo che le nostre abilità cognitive non sono stabili nel corso della giornata.
Dopo il patrimonio genetico, il fattore più rilevante che influenza il cronotipo è l’età (oltre al genere), cosa che non viene minimamente presa in considerazione nell’organizzare i tempi delle attività umane. Con il caso più emblematico rappresentato dalle scuole, dove è stato stimato, ad esempio, che il 25% degli adolescenti è costretto a seguire orari di lezione disallineati rispetto al proprio cronotipo; è stato infatti dimostrato che ritardare l’inizio dell’orario scolastico consentirebbe di migliorare le performance complessive degli studenti e delle studentesse (ma sappiamo anche che iniziare più tardi le lezioni è tendenzialmente una rottura di scatole per gli adulti che devono accompagnare i figli, visto che l’inizio dell’orario di lavoro è solitamente collocato presto al mattino; quindi non si fa nulla al riguardo).
In generale, le variazioni di efficacia nello svolgere alcune attività nel corso della giornata sono molto più rilevanti di quanto si immagini. Ecco perché sarebbe importante avere consapevolezza che le attività analitiche, quelle che richiedono l’applicazione della logica, andrebbero tendenzialmente collocate al mattino, a meno di essere gufi (e allora meglio farle nel tardo pomeriggio o la sera). Lo stesso vale per le decisioni importanti. Creatività e innovazione, invece, sono meglio stimolate quando non siamo al 100% vigili e lasciamo cadere qualche inibizione nella nostra mente: quindi meglio nel tardo pomeriggio per le allodole e al mattino per i gufi.

E gli allenamenti? L’attività fisica può essere meglio posizionata nella giornata sulla base degli obiettivi che si vogliono raggiungere: ad esempio, nel pomeriggio si evitano più facilmente gli infortuni e si ottengono risultati migliori rispetto al mattino (quando però si raggiungono performance superiori nel caso in cui si facciano allenamenti per la forza).
Insomma, c’è un mondo di spunti che possono aiutare ciascuno di noi, laddove ovviamente vi è possibilità di farlo, a organizzare al meglio la propria giornata affinché si possano sfruttare le caratteristiche uniche dei diversi cronotipi.
Che bello fare le pause!
Forse non tutti sanno (anzi probabilmente solo io e la mia co-conduttrice) che anni fa mi affacciai al mondo dei podcast con un podcast intitolato “Che bello fare le pause”, omaggio a un capolavoro moderno del cinema.
Lory Del Santo non solo ha scritto una delle pagine più importanti della storia delle arti visive, ma anche una grandissima verità: ritagliarsi del tempo per riposarsi e recuperare nel corso della giornata è fondamentale per funzionare al meglio.
Il concetto di pausa può essere declinato in modi diversi: dai 5 minuti per sgranchire le gambe ogni ora di lavoro fermi davanti al pc, fino all’inserire nelle proprie giornate degli spazi da dedicare al riposo e alle attività rilassanti. Sembra una banalità, ma spesso il modo di lavorare oggi adottato (unito alla pressione verso la produttività) ci porta a essere connessi e operativi dal momento in cui ci svegliamo fino a quando andiamo a letto (spesso portando lo smartphone fino al comodino), non dando mai al nostro cervello il tempo per respirare.
Tra le pause che portano benefici c’è anche il pisolino (o power nap per darsi un tono) post-pranzo: nonostante sia spesso considerato come incompatibile con i ritmi lavorativi e la cultura moderni, riuscire a dedicare 25–30 minuti a chiudere gli occhi e riposare dopo aver finito di pranzare e prima di rimettersi di nuovo davanti a uno schermo può essere davvero la chiave per essere ancor più efficaci. La durata indicata e il suggerimento di non andare oltre la mezz’ora consente infatti di riposare senza accusare quel senso di rintontimento fisiologico che abbiamo quando ci si sveglia (e che solitamente subentra per periodi di sonno superiori ai 30 minuti).

Ai nuovi inizi!
Non è un caso che i buoni propositi si facciano all’inizio dell’anno, così come che le tipiche crisi esistenziali (tipo farsi per la prima volta i buchi alle orecchie *cough cough*) arrivino con l’avvicinarsi dei compleanni importanti. Gli inizi sono infatti snodi fondamentali: da un lato consentono di aprire nuovi “account mentali”, ossia predisporsi mentalmente a iniziare nuove attività e nuovi progetti; dall’altro, permettono di volgere lo sguardo in una prospettiva di lungo periodo. “Ho ancora tutta la settimana davanti a me” oppure “Sono arrivato bene o male a metà del mio percorso di vita, quindi…”. È facile così capire perché in questi contesti sia più semplice fare nuovi piani e darsi nuovi obiettivi.

Gli inizi possono essere di due tipi:
quelli sociali (uguali per tutti perché fanno riferimento a meccanismi condivisi): il lunedì, l’inizio del mese, le festività nazionali, ecc…
quelli personali: compleanni, anniversari, il cambio di posto di lavoro, ecc….
A prescindere dalla tipologia, è importante individuare questi momenti come opportunità per sfruttare la predisposizione positiva che ne consegue. E quindi brindiamo ai nuovi inizi!
(Happy?) endings
Infine, in tutti i sensi, la fine. Importante tanto quanto l’inizio, se non di più.
In generale, le conclusioni sono il momento in cui emerge una caratteristica fondamentale della condizione umana: cerchiamo significati.
In particolare, quando percepiamo il tempo davanti a noi come in espansione e aperto, tendiamo a orientare i nostri comportamenti e le nostre azioni verso il futuro, preferendo l’accumulo di conoscenze, competenze, connessioni, relazioni. Al contrario, quando la fine si avvicina e il futuro ci appare meno infinito, ci comportiamo dando più valore ai significati e alla qualità di ciò che possiamo fare.
Ed è questo uno dei motivi per cui, ad esempio, nel corso della vita evolve il numero e la qualità delle amicizie. Nelle prime fasi della nostra esistenza cerchiamo di estendere il più possibile il nostro network sociale, perché è il modo attraverso cui acquisiamo e accumuliamo possibilità e informazioni. Più passano gli anni e più, tendenzialmente, percepiamo la vicinanza all’orizzonte della nostra esistenza. Di conseguenza, si tende a preferire un numero più ristretto di connessioni alle quali attribuiamo un significato più profondo.

Questi sono solo alcuni fra i concetti più interessanti che ho appreso leggendo When di Daniel H. Pink. Se il tema interessa, ne suggerisco comunque la lettura: è un testo ricco di tantissimi esempi concreti e di ulteriori insegnamenti per sfruttare al meglio il proprio tempo e le proprie giornate. Ogni capitolo si conclude con una guida pratica con spunti per esperimenti relativi a piccole e grandi modifiche che ciascuno può provare a introdurre.
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