Co-Intelligence: con-vivere con l’intelligenza artificiale senza sentirsi inutili
Cosa ho imparato leggendo il libro di Ethan Mollick mentre chiedevo a ChatGPT di aiutarmi a scriverne questo approfondimento
Da sempre accolgo con un discreto entusiasmo le innovazioni tecnologiche (la mia carta di credito SA), ma devo ammettere che fino a circa un anno fa non avevo ancora compreso fino in fondo il potenziale dell’intelligenza artificiale e degli strumenti che ormai sono a disposizione di chiunque: ChatGPT, Gemini, Claude, Notebook LM, Perplexity, giusto per citarne alcuni. Da qualche mese, però, sono diventati parte integrante della mia vita (professionale e non), facendomi risparmiare tempo ed evitandomi molte attività ripetitive e a basso valore aggiunto che mi succhiavano ogni energia vitale.
Credo che la svolta per me sia arrivata dopo aver compiuto due passaggi fondamentali:
Ho iniziato a capire davvero come funzionano questi strumenti;
Ho cominciato a sperimentare il loro utilizzo, rendendomi conto in prima persona dove potevano essermi utili o meno.
Ovviamente, insieme all’entusiasmo e al tempo risparmiato, sono arrivati anche dubbi e timori: starò usando correttamente ed eticamente l’intelligenza artificiale? Non è che sto utilizzando, contribuendo al suo miglioramento, lo stesso strumento che un giorno renderà inutile il mio lavoro?
La lettura di Co-intelligence, saggio scritto da Ethan Mollick (professore alla Wharton School che si occupa di innovazione e imprenditorialità), mi ha aiutato a dare prospettiva a questi interrogativi. E in qualche modo mi ha lasciato un messaggio rassicurante: l’AI non ti sostituirà… a meno che tu non continui a ignorarla.
Non è l’unico insegnamento che mi porto a casa da questa lettura, ce ne sono almeno altri cinque:
L’AI è una tecnologia a uso generale, come elettricità o internet (e sarà altrettanto trasformativa). Non è una moda passeggera, quindi è bene interessarsene.
Usarla sempre, ma con giudizio: utilizzandola è possibile accorgersi di quando aiuta e di quando è invece solo fumo negli occhi (o negli schermi, fate voi).
Non è mai neutra: è addestrata su dati che riflettono i bias delle parti di web utilizzate per addestrarla e dei suoi creatori.
L’essere umano resta al comando, l’AI diventa un tuo collega: ma spetta a noi decidere che tipo di collega vogliamo che sia.
Siamo solo all’inizio: la versione di oggi è la peggiore AI che useremo nella nostra vita.
Ma c’è molto di più in questo libro.
Si parte sempre dalle fondamenta
Ho la fortuna di aver avuto diverse occasioni negli scorsi mesi di approfondire i meccanismi di funzionamento dell’AI e dei LLM (Large Language Model), ma per chi non è altrettanto fortunato la prima parte di Co-Intelligence svolge esattamente lo stesso compito.
Mollick, infatti, parte dalle basi, e lo fa in maniera molto comprensibile e accessibile; spiega come funzionano i chatbot con cui interagiamo, la logica attraverso cui vengono fornite le risposte all’utente, i motivi per cui a volte ci sono le “allucinazioni” e tutti quegli elementi utile a decifrare cosa succede dietro le interfacce che utilizziamo.
Ci sono poi due consapevolezze da tenere a mente: l’AI è da considerarsi una General Purpose Technology (ironicamente abbreviata in GPT), cioè una di quelle innovazioni che cambiano tutto (lavoro, istruzione, relazioni, ecc.). Ma è anche una tecnologia tendenzialmente distorta: viene allenata su dati web, scritti per lo più in inglese, da persone occidentali, spesso maschi e bianchi (che sono anche la maggior parte delle persone che lavorano nelle aziende che sviluppano gli strumenti che utilizziamo quotidianamente). E no, non è un dettaglio trascurabile.
In pratica: ogni volta che interagiamo con un chatbot, dovremmo ricordarci che dietro c’è il caos (e i bias) che troviamo abituamente su internet. È un importante promemoria che dovrebbe invitarci costantemente a non fidarci ciecamente della versione dei fatti che ci viene restituita dall’assistente virtuale.
I quattro comandamenti della Co-Intelligence
Ci sono quindi quattro consigli pratici che Mollick fornisce per utilizzare l’AI in modo consapevole, controbilanciando i rischi che derivano dal suo funzionamento (riporto il consiglio in inglese poiché ho letto il testo in lingua originale e non vorrei avventurarmi in traduzioni spericolate; avrei potuto chiedere all’AI, ma appunto non devo fidarmi ciecamente):
Always invite AI to the table: usala sempre, ogni volta che ne hai occasione, anche solo per testarla. Solo così è possibile capire quando e dove può essere utile e quando invece non lo è.
Be the human in the loop: il tuo giudizio di essere umano è sempre essenziale. Anche se l’AI migliora costantemente, ci sarà sempre bisogno di qualcuno che sappia leggere tra le righe.
Treat AI like a person (but tell it what kind of person it is): se vuoi un bravo assistente virtuale, devi istruirlo. Decidi tu se deve essere un tutor paziente, un creativo esuberante o un project manager tedesco. È fondamentale usare i prompt per definire che tipo di approccio e di contributo ci si attende dall’intelligenza artificiale.
Assume this is the worst AI you will ever use: perché lo è davvero. Ogni mese arrivano miglioramenti che fino a qualche mese fa potevano sembrare fantascienza.
Una volta scolpiti nella testa questi comandamenti, è ora di chiedersi che tipo di alleata può essere l’intelligenza artificiale nel collaborare con la nostra intelligenza.
AI nei panni di…
👩🏻💻 Una persona
I chatbot evoluti potrebbero aiutarci a combattere la solitudine (sostituendo le persone o sopperendo alla loro assenza). Si sentono già storie (per lo più ancora aneddoti) di uomini o donne che si sentono legati da amicizie o addirittura legami più profondi con i chatbot (Her ci aveva visto lungo). Ma c’è anche il rischio che così ci abituino a un’umanità senza difetti (incarnata dalla versione perfetta che ci siamo creati della nostra AI) e ci rendano meno tolleranti verso quella vera.
🎨 Un creativo
L’AI è creativa? Sì, ma con cautela. È possibile utilizzare l’AI per sbloccare idee, difficilmente per fare tutto il lavoro al posto nostro. Soprattutto: non bisogna cedere alla tentazione di incollare la prima bozza che propone. Piuttosto, utilizzarla come punto di partenza, altrimenti è il modo più rapido per spegnere il cervello e abdicare a contenuti indistinguibili e piatti. A tal proposito, consiglio anche la riflessione di
su Scrolling Infinito:🧑💼 Un collega
Le aziende che integreranno bene l’AI (senza disumanizzare il lavoro) saranno quelle in grado di sopravvivere. Le altre faranno fatica. Ho trovato interessante i due archetipi citati da Mollick:
Centauri (metà uno, metà l’altro): il caso in cui l’umano e l’AI si dividono i compiti, con una netta separazione tra cosa fa uno e cosa fa l’altro.
Cyborg: umano e AI si fondono, con un continuo interscambio di contributi. Ad esempio, lo stesso Mollick ha ammesso che in alcuni casi, non sapendo come proseguire al meglio alcune frasi del suo saggio, ha chiesto all’AI di aiutarlo, per poi riprendere in mano lui la scrittura e rifinire il testo.
📚 Un tutor
Anche il mondo dell’educazione è destinato a cambiare. I compiti assegnati agli studenti non potranno prescindere dall’uso dell’AI o anzi, dovrebbero prevederla in partenza, magari proprio per insegnare ad avere un atteggiamento critico nei suoi confronti o prendere spunto dalle risposte del chatbot per poi migliorare i suoi risultati. È semplicemente miope immaginare un mondo dove gli studenti, fuori da scuola, non usino l’intelligenza artificiale.
Come esco da questa lettura
Avrei potuto terminare questo saggio e sentirmi completamente demoralizzato e con un senso di apocalisse imminente, destinato a scomparire come professionista ed essere umano schiacciato dal peso dirompente dell’AI. Invece, ne sono uscito piuttosto ottimista e anche fiducioso di tutte le cose che si possono e potranno fare grazie alla nostra co-intelligence: l’AI non è qui per sostituirci, ma per sfidarci a diventare la versione aumentata di noi stessi. Almeno per ora.
Ora non mi resta che lasciarvi con il dubbio che questo articolo l’abbia scritto l’intelligenza artificiale per convincervi a non aver paura, anche se in realtà dovreste averne.
Se ti interessa acquistare e leggere Co-Intelligence di Ethan Mollick, puoi farlo qui (versione inglese, perché ancora non mi risulta sia stato tradotto in italiano; link affiliato).
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